Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  lunedì 04 aprile 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Liberali e conservatori di fronte alle unioni omosessuali

di Federico Punzi

La società fa bene a riconoscere dei benefici alle coppie eterosessuali che scelgano il matrimonio rispetto alla semplice convivenza. I coniugi contraggono un impegno più profondo l'uno nei confronti dell'altro ed entrambi nei confronti della società. Il matrimonio offre un porto sicuro in mezzo al mare delle caotiche relazioni interpersonali in cui la nostra vita è immersa; garantisce una certa stabilità emotiva, una certa sicurezza economica, e la crescita delle nuove generazioni. Non è perseguendo uno scopo discriminatorio nei confronti delle altre forme di relazioni umane che lo Stato premia la famiglia fondata sul matrimonio, ma per la sua indubbia funzione sociale.


Ok, può bastare così. Sono impazzito? Sono diventato conservatore, clericale? Tranquilli, niente di tutto questo, ora vi spiego. Il dibattito di questi giorni riguardante i Pacs è avvilente, a causa della pura cattiveria sprigionata dalle gerarchie ecclesiastiche e dai loro fiancheggiatori politici, a cui bisogna sommare la frustrazione del vedere il solito prof. "Sottile", Giuliano Amato, interpretare il suo riformismo come sofferta meditazione alla ricerca di bizantinismi capaci di scontentare tutti e annacquare le alternative politiche. Sotto-sotto è ancora l'ossessione per il "diverso", per l'atto "contro natura", a impedire di valutare con serenità una proposta che il mondo omosessuale avanza con estrema umiltà alla società italiana, mostrandosi lontano dagli stereotipi di eccentricità, arroganza ed esibizionismo che spesso gli vengono attribuiti e attento invece a non urtare la sensibilità del mondo cattolico e degli italiani più tradizionalisti. Ma, di nuovo, sembra che la ragionevolezza non paghi.


Di fronte al tema delle unioni omosessuali (Pacs o matrimoni), il mondo politico va in fibrillazione e i campi si confondono. Certamente per interessi elettoralistici, ma anche per il mancato uso di categorie politiche cui far riferimento.


Provo a ragionarci con voi. Da liberale a forti tinte libertarian sono portato a ritenere che una grossa parte del problema sia il welfare state e i privilegi che concede ad alcune categorie di persone. Sul suo blog Stefano Magni ha spiegato in modo esauriente e preciso la situazione: «Soldi per tutti non ce ne sono, per cui qualcuno deve essere escluso. Il welfare state concede privilegi alle coppie sposate, ma le coppie di fatto (comprese quelle gay che, non essendo permesso il matrimonio, rimangono coppie di fatto) sono del tutto discriminate. Se le coppie di fatto otterranno diritti positivi simili a quelli che spettano alle coppie sposate, altre forme di comunità familiare si faranno avanti. E in base a cosa si dovrebbe escluderle? Solo che non ci sono soldi statali per aiutare tutti i figli, fornire alloggi a tutti, garantire a tutti la reversibilità della pensione, ecc... Non si finirebbe più. Il conflitto andrebbe avanti tra chi ha appena ottenuto diritti e chi preme per ottenerli».


Calandoci per un istante, per assurdo, in una utopica società libertaria, dove i cittadini godessero del libero mercato dei beni e dei valori, e di piena libertà contrattuale, potremmo trovarci di fronte a un'infinità di unioni, sia religiose che laiche. La gestione dei beni e dell'eredità sarebbe stabilita dalle parti contraenti, in un patto volontario fra adulti e consenzienti. Non essendoci alcun intervento dello Stato (eccetto la mera registrazione formale), né sotto forma di incentivi, né di repressione, non vi sarebbero motivi di conflitto. «Perché - conclude Oggettivista - la grande contraddizione del welfare state è che dovrebbe appianare i conflitti sociali, ma finisce per crearne sempre nuovi».

Tuttavia, prima di ipotizzare una simile tabula rasa dell'intervento statale, leggiamo l'art. 2 della Costituzione. Esso dichiara che vanno riconosciute tutte quelle «formazioni sociali in cui un individuo realizza la propria personalità». I cittadini hanno diritto a veder sancita la rilevanza pubblica e giuridicamente cogente dei loro rapporti di amore e solidarietà, verso i quali si sentono responsabili e attraverso i quali esercitano il loro diritto alla autonoma ricerca della felicità.


«Un rapporto d'amore che si pone un orizzonte temporale lungo ("per sempre" è una scommessa, più che una promessa) mi sembra "una formazione sociale" altrettanto degna di riconoscimento pubblico dei sindacati o dei partiti, cui invece l'articolo è stato per lo più applicato», ha scritto Chiara Saraceno su La Stampa.


La nostra Costituzione incoraggia le nuove formazioni sociali, ispirandosi alla teoria liberale classica che vede proprio nei corpi intermedi della società, e soprattutto nella loro prima cellula, i limiti più efficaci al potere dello Stato.


Fin qui, il liberale. Ma non vi sembra curioso che proprio i conservatori, che da sempre criticano il disordine e la promiscuità della vita sentimentale degli omosessuali, si oppongano ai Pacs? Se è vero che lo Stato "premia" il matrimonio per la sua funzione di coesione sociale, allora più il patto civile di solidarietà che il legislatore vorrà istituire si avvicinerà allo status di "piccolo matrimonio", maggiore sarà la sua rilevanza pubblica e la sua funzione di stabilità sociale. Al contrario, i contratti di convivenza solidale proposti da Rutelli rischiano di estendere benefici anche a chi si sia assunto deboli responsabilità e di causare infinite liti legali.


Vincolando a una collaudata formazione sociale il desiderio di stabilità delle coppie omosessuali, il matrimonio, o un'unione, o un "patto" che più gli si avvicina, offrono tutti agli omosessuali quel riconoscimento sociale e quei benefici da cui sono esclusi, e al giovane omosessuale una prospettiva di equilibrio personale che oggi non conosce. A tutto vantaggio della coesione sociale. Se la persecuzione dei gay non è più un'opzione nelle nostre società civili, i conservatori dovrebbero liberarsi dell'ossessione del "diverso" e rallegrarsi del desiderio sempre più vivo negli omosessuali di aderire ai valori tradizionali piuttosto che combatterli. Il matrimonio, sia etero che omosessuale, è conservatore per definizione. Dato che i rapporti gay esisteranno sempre, a quale funzione sociale pensa il legislatore che decida di mantenere queste relazioni nell'insicurezza, senza sbocchi, prive di un progetto comune? Il giornalista conservatore Andrew Sullivan si poneva queste domande nel lontano 1989.